A volte succede che case editrici periferiche e nate da poco tempo offrono ai lettori interessanti collane che propongono inediti itinerari di ricerca con la pubblicazione e la traduzione di testi di figure poco note e appartenenti a mondi culturali non al centro dei dibattiti; inoltre, i testi scelti per loro natura transdisciplinari tendono a non scindere le ragioni del pensiero dalle verità della vita e si distinguono per essere espressione autentica di un modo particolare d’essere e di vedere il mondo secondo ottiche spesso in contrasto con quelle in vigore. Si segnala in tal senso la collana MAAT STUDIES, diretta da Enrico Giannetto e ispirata alla dea egizia MAAT, che trovava nella stella polare Vega della costellazione della Lira, dove passava la Via Lattea, il suo costante punto di riferimento; come poi avverrà nel mondo greco, la contemplazione dell’universo era fonte di conoscenza e nello stesso tempo di una verità a cui legare strettamente il modo di vivere. Non a caso MAAT veniva rappresentata con una leggera e diritta piuma di struzzo che stava a significare la dea della verità, della rettitudine, della giustizia e nello stesso tempo espressione della mitica ‘età dell’oro’ quando ancora il male non era apparso; ma serviva anche come una bilancia per verificare al momento della morte se il peso dell’anima o del cuore messi su un lato superava o meno il peso della piuma messo sull’altro.
Con questo intento di verificare il peso veritativo ed esistenziale del non comune percorso di ricerca di una figura del ‘900, quasi del tutto ignota come il filosofo Lúcio Pinheiro dos Santos (1889-1950) da considerare nello stesso tempo particolare espressione dell’anima di un paese come il Portogallo, sono apparsi, in ottima traduzione da parte Veronica Pozzessere con relative e significative introduzioni, due testi scritti da studiosi di questa figura come Pedro Baptista (1948-2020), Il filosofo fantasma. Lúcio Pinheiro dos Santos (Catania, A&G – CUEM 2020) e Rodrigo Sobral Cunha, Filosofia del ritmo portoghese (Catania, A&G -CUEM 2020), testi entrambi con prefazione di Enrico Giannetto dal titolo ‘Verso una filosofia naturale della pluralità del tempo’. Quest’ultimo testo si segnala in particolar modo per il fatto che è ‘seguito dallo studio di Gaston Bachelard sulla Ritmoanalisi’ di Pinheiro dos Santos, la cui opera del 1931 purtroppo è andata perduta; citata e analizzata dall’epistemologo francese nel capitolo VII della sua opera del 1936 La dialectique de la durée ( trad. it. La dialettica della durata, Milano, Bompiani 2010, pp. 318-361), è la sola fonte che permette di avere una idea di fondo del pensiero di questo ‘filosofo fantasma’ che fu fisico e psicologo, come lo chiama Pedro Baptista, anche se come viene giustamente chiarito da Veronica Pozzessere la finalità bachelardiana era rivolta a “supportare i suoi studi sull’argomento” e gettare le basi di una filosofia della pluralità dei tempi nel suo incontro-scontro con le tesi di Henri Bergson.
Ma per capire la ‘Ritmanálisi’ è da sottolineare che sia Pinheiro dos Santos che Bachelard negli anni ’30 si stavano confrontando con gli sviluppi delle nuove teorie fisiche del ‘900, quali la relatività e soprattutto la nascente meccanica quantistica che stavano dando una nuova immagine dell’atomismo e del ‘ritmo’ degli atomi e dei ‘ritmi del tempo, dei tempi’ grazie ‘allo spazio-tempo curvo e alla variabilità discreta, discontinua dei quanti’, come sottolinea Enrico Giannetto che fa riferimento pure ai lavori più recenti degli anni ’80-’90 di Michel Serres rivolti a ‘riscoprire il tempo’ e agli ‘elementi di ritmoanalisi’ e alla ‘conoscenza dei ritmi’ di Henri Lefebvre. Anche se in maniera indiretta e attraverso la mediazione dell’epistemologo francese emergono dai due studi tradotti lo spessore e la statura teoretica di Pinheiro dos Santos col suo “discorso sul ritmo che spazia dalla fisica quantistica alla psicologia, dalla psicoanalisi alla biologia, dall’antropologia all’ecologia”, come evidenzia Veronica Pozzessere nel fare la storia della ritmoanalisi con l’analisi di altri pensatori portoghesi come Leonardo Coimbra su cui si sofferma il testo di Sobral Cunha; tale importante testo ci permette di prendere atto dell’esistenza di una vera e propria ‘filosofia del ritmo portoghese’, la cui originalità “caratterizza questa terra di confine, il Portogallo, luogo che conserva un rapporto privilegiato con la natura” sino a costituire “una tradizione di pensiero che sin dall’inizio ha messo la natura al primo posto” per Veronica Pozzessere che trova delle forti analogie con lo stesso percorso poetico di Fernando Pessoa nella poesia Natura tanto indefinibile quanto Dio.
In tal modo si deve prendere atto che esiste un capitolo del pensiero filosofico-scientifico, quello portoghese, oltre alla più nota letteratura, con le proprie peculiarità che sino ad ora non ha avuto una adeguata attenzione critica nei dibattiti del ‘900 né tanto mano nei manuali di filosofia; i due testi tradotti ci permettono di entrare in un preciso universo teorico dove primeggia la figura di Pinheiro dos Santos con la sua originale teoria basata sul ruolo cruciale assegnato al ritmo ritenuto in grado di essere un principio che genera l’equilibrio e l’armonia universali. Il testo di Cunha in particolar modo ci permette di trovare delle analogie ‘ritmoanalitiche’ con altre figure come Coimbra, Joaquim Domingues e Ludwig Klages che si sono soffermati nel trovare diversi punti in comune tra il pitagorismo e alcuni sviluppi del pensiero scientifico del ‘900; in tal modo si dà al ritmo, significativamente definito O ritmo excelso, una valenza ontologica che costringe a mettere in discussione, come ha fatto lo stesso Bachelard in Le nouvel esprit scientifique del 1934 dove si parla della necessità di una ‘epistemologia non-cartesiana’ e di una ragione complessa più capace di cogliere le diverse nuances del reale, la visione cartesiana del mondo con le sue propaggini meccanicistiche. Pinheiro dos Santos, quasi in analogia con altre figure del primo Novecento come Pierre Teilhard de Chardin che parlava di Inno alla Materia e Alfred N. Whitehead che dava importanza strategica ai processi, ritiene necessario ridimensionare la visione antropocentrica e ci inoltra in una visione cosmocentrica dove ciò che conta di più è l’ascolto della natura e dei suoi ritmi naturali col dare un senso diverso a “quel ritmo prossimo della vita ed al divenire eracliteo”, come viene sottolineato da Veronica Pozzessere.
I due testi, oltre a fornire una inedita ricostruzione bio-bibliografica di tale ‘filosofo fantasma’, si segnalano per una precisa scelta metodologica portata avanti, come nel caso soprattutto di Pedro Baptista e autore di altri lavori come anche del progetto di costituzione della prima Facoltà di Lettere di Porto, “attraverso i fossili di radiazioni del suo spettro”; è da tenere presente che il concetto di ‘spettro’, poco tenuto in debita considerazione nei dibattiti filosofico-scientifici, si trova nello stesso Bachelard che a sua volta lo derivò dalle profonde analisi delle teorie fisiche del primo Novecento, come si ricava da un recente lavoro sull’epistemologo francese (cfr. Charles Alunni, Spectres de Bachelard, Paris, Hermann 2018) proprio per indicare la pluralità, le potenzialità e i fili multipli di un percorso oscillante tra filosofia, scienza e poesia. In tal modo si comprendono meglio la portata ed il senso stesso dell’idea originale compresa nello scritto ‘A ritmanálisi’, frutto della combinazione di diversi fattori e anche degli stessi stretti rapporti di Pinheiro dos Santos con il pensiero francese dei primi decenni del secolo scorso; nelle pagine dei due testi “lo spettro prende forma” e si irradia sino a poter parlare con Cunha di una stessa “ragione ritmica germinata dalla ritmoanalisi”, opzione teoretica venuta a galla tra le due guerre e sviluppatasi da una parte insieme cogli apporti decisivi della relatività, della fisica dei quanti e della meccanica ondulatoria e dall’altra con l’emergere del concetto di energia propria della psicoanalisi e del movimento surrealista.
In tale modo, come in Bachelard, scienza, filosofia, poesia e altre costellazioni concettuali come la psicoanalisi, pur appartenenti a mondi diversi, si presentano come universi aperti, dialogano in maniera costruttiva mettendo in crisi la granitica ragione cartesiana e demolendo i miti di un certa modernità e i suoi ‘assoluti terrestri’ come li chiama Dario Antiseri; ed in Pinheiro dos Santos prende sostanza teoretica la “nozione filosofica di ritmo” che ci permette per Cunha “una rinnovata comprensione del tempo e dell’universo che rinvigorisce le dialettiche con il sapore della vita cosmica e dell’intelligenza arguta, soppiattando logicismi cosisti e binarismi forti, conciliando l’esprit de géométrie e l’esprit de finesse”. In tal modo emerge una visione del ritmo basata non tanto sulla ripetizione, ma sull’innovazione sino ad elevarsi in “senso creazionista” col fornire, quasi analogamente al percorso di Romano Guardini negli stessi anni, “una comprensione dinamica delle polarità su tutti i fronti” col generare così, a dirla con Bachelard, un esprit surrationnelmultiforme dove svolgono un ruolo creativo sia la ragione filosofico-scientifica, soprattutto nella sua veste matematica, che la rȇverie in azione negli universi poetici. E non sarebbe esagerato affermare che la ritmoanalisi, proposta da Pinheiro dos Santos nutritosi sul piano ermeneutico della presa in carico di diverse costellazioni concettuali del primo Novecento, sia stata la via portoghese della complessità, come è stata del resto quella di Gaston Bachelard in base alle indicazioni forniteci da Edgar Morin.
Così questi due testi che vanno letti insieme non solo ci offrono attraverso la storia della ritmoanalisi quasi una archeologia del pensiero portoghese con l’offrirne un inedito panorama dove in questi ultimi tempi, grazie alla riscoperta di tale filosofo fantasma, è in atto un movimento di pensiero che Rodrigo Sobral Cunha chiama Filosofia atlantica del ritmo a cui dare una più adeguata attenzione critica; ma aiutano anche a capire un momento del pensiero europeo del primo Novecento e ad ‘esumare delle armonie nascoste’, come le chiama Charles Alunni, tra figure che pure con intenti diversi si sono incontrate nutrendosi a vicenda dei rispettivi punti di vista, una vota abbeveratesi a diverse e comuni fonti di Siloe. E a questo proposito assume un diverso significato storico-teoretico un’altra ‘armonia nascosta’, quel fatto poco noto e relativo alla traduzione in portoghese nel 1934, con relativi dibattiti e con significative risonanze anche in Brasile, di una delle ultime opere del matematico ed epistemologo Federigo Enriques, La signification de l’histoire de la pensée scientifique; tale opera passò inosservata in Italia e fu invece, grazie a Paul Valéry e Gaston Bachelard, al centro di animati dibattiti in Francia che determinarono un crescente interesse nel mondo portoghese verso queste problematiche sino all’organizzazione a Lisbona di un Congresso Internazionale di Storia della scienza nello stesso anno e voluto da Hélène Metzger (Hélène Metzger, vittima della Shoah, filosofa della scienza, 27 gennaio 2021).
Bisogna essere grati, dunque, a Enrico Giannetto e a Veronica Pozzessere che ci hanno proposto una figura degna di essere conosciuta e che può incarnare i nostri sempre più pressanti aneliti veritativi dopo le illusioni del pensiero post-moderno, oltre all’invito a non sottovalutare l’apporto di altre tradizioni di pensiero; in tal modo si può parlare anche di una specifica filosofia portoghese anche perché al suo interno, in questi ultimi decenni, stanno prendendo piede altri significativi percorsi come quello relativo all’Epistemologia da Interdisciplinaridade, portato avanti da Olga Pombo, e nel campo più specifico della filosofia della scienza.
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